venerdì 15 novembre 2019

Blogtour "Il Canto del Salice D'Argento" 5° Tappa Intervista di Gabriel Wolf



Buongiorno readers!
Oggi il blog ospita l'ultima tappa del blogtour -l'intervista- dedicato a "Il Canto del Salice D'Argento" di Gabriel Wolf,  andiamo a scoprire insieme come ha risposto  l'autore alle domande  sul libro e su di se.
Intervista a Gabriel Wolf

1° domanda. Gabriel scrittore… so che la tua scrittura è complessa, particolareggiata e molto ricca. Quanto hai studiato e ricercato per avere uno stile così?

Il mio stile di scrittura è il frutto di una lunga esperienza, tanto accademica che umana. Sono cresciuto per metà del mio tempo nelle biblioteche e per l’altra metà nelle palestre: questo mi ha permesso di sviluppare una visione del mondo priva di limiti e confini costantemente concentrata sull’analisi della realtà, mantenendomi sempre alla perenne ricerca di ciò che può unire idee e persone piuttosto che dividerle. Da qui nasce il mio stile in cui l’analisi particolareggiata tanto degli ambienti, che delle situazioni che della psicologia dei personaggi è l’espressione di una ricerca perenne della verità, che si esprime attraverso un realismo che mi sforzo sempre di rendere il più chiaro e dinamico possibile per chi mi legge, calandomi attraverso ricerche minuziose e precise nelle situazioni, tanto storiche che contemporanee, in cui ambiento le mie storie.


2° domanda. I tuoi romanzi hanno tutte sfumature leggermente fantasy. Perché questa scelta?

Ho sempre amato tutto ciò che è fantastico: sin da bambino le mie favole erano la mitologia classica greco-romana, le storie sugli dei egizi e mesopotamici, e poi le saghe norrene e celtiche senza dimenticare il poema fantasy per eccellenza “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, tutte espressioni letterarie di culture ricche e raffinate, che hanno segnato profondamente la mia formazione, eppure c’è molto più di questo. La componente fantasy e gli elementi paranormali e soprannaturali sono per me strumenti narrativi indispensabili per esprimere metaforicamente tematiche che se affrontate solo attraverso un rigido realismo richiederebbero molto più spazio all’interno del tessuto narrativo, appesantendo il testo e rendendolo meno scorrevole. Per fare un esempio quando tratto del problema dei ragazzi di strada o dei veterani senzatetto, due drammatiche realtà sociali degli Stati Uniti che mi stanno molto a cuore, l’introduzione di elementi fantastici quando narro storie in cui descrivo le loro condizioni di vita mi permettono di arrivare direttamente al punto focale della loro miseria senza fare lunghe digressioni che potrebbero risultare noiose, distogliendo l’attenzione di chi legge dal messaggio che voglio dare.


3° domanda. C’è qualcuno a cui fai leggere i tuoi romanzi prima dell’uscita? Oltre a chi ti cura l’editing, ovviamente.

No, non c’è, la mia editor è l’unica persona a cui faccio leggere ogni mio libro prima di pubblicarlo. È non solo una questione di fiducia ma anche di serietà professionale perché quando si tratta del mio lavoro sono molto restio a fidarmi. Lei si è saputa guadagnare la mia fiducia rispettando il mio lavoro ed aiutandomi a migliorarlo, soprattutto sfrondando il mio italiano dalle forme inglesi che v’insinuano continuamente senza che me ne accorga dal momento che penso sempre almeno in due lingue differenti.


4° domanda. Se hai dei dubbi durante la stesura di un romanzo, come ti comporti?

Ernest Hemingway diceva che “Gli autori non dovrebbero mai commettere l’errore di credersi degli scrittori, perché siamo tutti apprendisti di un mestiere in cui nessuno diventa mai maestro” ed in quest’ottica, che condivido pienamente, i dubbi sono per me parte di un lavoro ben eseguito e ben portato a termine. Sono solito dire che “la fede si nutre di dubbi e s’ingrassa nelle certezze” e questo vale anche e soprattutto quando scrivo. Avere fede in quello che si fa, nella bontà di quello che si fa, significa per me accettare i dubbi come una componente fondamentale. I dubbi aiutano ad avere la misura delle proprie capacità ed a migliorarsi continuamente, sempre a patto di non farsene dominare. Li considero una sfumatura della paura che quando non lasciamo che domini le nostre vite è un’alleata preziosa che ci fornisce la misura dei pericoli consentendoci di affrontarli con cognizione di causa. Accettare i dubbi e servirsene senza temere di mettersi continuamente in discussione è la stessa cosa di avere coraggio che è la capacità di dominare la paura, non certamente la sua negazione che non è altro che stupidità.


5° domanda. Come è nato Il Canto del Salice d’Argento?

L’idea iniziale per questo romanzo mi è venuta in una buia sera di pioggia quasi due anni fa: ero seduto nella penombra da solo quando all’improvviso nella mia mente è fiorita l’immagine di un giovane uomo seduto su di un’ampia poltrona in un salotto arredato in stile Tudor e Vittoriano.
Era come se lo guardassi dall’esterno: in quell’immagine era tardo pomeriggio, potevo sentire l’odore della polvere ed un’atmosfera di rimpianto e tristezza avvolgeva ogni cosa, finché una figura ha iniziato a manifestarsi dietro di lui fra le ombre e l’ho visto sorridere…da quest’immagine è iniziato tutto.
Non avrei mai immaginato che mi avrebbe coinvolto tanto e richiesto tanti sforzi per portarlo a termine ma questo romanzo rappresenta una tappa molto importante della mia vita, sia come persona che come autore: decidere dove dirigere la propria vita significa anche decidere non solo a cosa avvicinarsi ma anche da cosa allontanarsi ed il mondo che descrivo nel romanzo “Il Canto del Salice d’Argento” è il mio vecchio mondo e questo libro si può considerare, in un certo senso, il mio “testamento romantico” con cui ho detto addio a quel mondo antico che per me ha significato tanto fino adesso.


6° domanda. Quanto conta mettere se stessi per la riuscita di una buona storia?

Trovo sia fondamentale, tanto per onestà intellettuale che per lealtà nei confronti dei lettori, non risparmiarsi mai quando si scrive: è un rischio, certo, perché come le moderne scienze neurali hanno verificato sperimentalmente un libro dice sempre più dell’autore che dell’argomento che tratta e comprendo che questo possa spaventare molti, tuttavia fingere non è una soluzione. Quest’arte non si può esercitare, specialmente a livello professionale, senza avere il coraggio di mettersi in gioco di fronte al pubblico, a meno di non accontentarsi di lettori a cui non importa del messaggio posto fra le pagine, quando è presente, ma vogliono solo essere stupiti ancora prima che intrattenuti. Per fare un paragone potrei dire sulla scorta dell’esperienza che ho maturato fin qui che è come confondere pornografia ed erotismo, pensando che trattare di sesso non debba implicare necessariamente una componente emotiva, anche se questo non significa che debba per forza essere di natura sentimentale, ma soprattutto situazioni dinamiche.


7° domanda. Nelle tue storie c’è un po’ di te in tutti i personaggi o ti concentri più su uno in particolare?

I personaggi principali delle mie storie hanno tutti, chi più chi meno, qualcosa di mio in loro: magari solo una sfumatura del mio carattere che poi ho sviluppato in una personalità a sé stante ma non è sempre così, perché molti comprimari sono spesso il frutto di un’elaborazione delle mie esperienze. Con questo intendo dire che alcuni di loro sono modellati su persone che ho incontrato nel mio passato e che evoco dai miei ricordi perché il loro modo di essere mi sembra il più consono a ricoprire il ruolo di cui ho bisogno in determinate situazioni, o addirittura in intere linee narrative.


8° domanda. Il bene, il male, la luce, l’oscurità… sono tutte tematiche molto introspettive. Come le affronti quando scrivi?

La filosofia occidentale ha ricevuto un’impronta molto pesante dalla concezione dicotomica di bene e male, luce ed oscurità, positivo e negativo, amore ed odio ma io ho avuto la fortuna di ricevere una formazione completamente differente. Sono abituato a pensare che le divisioni nette fra enti apparentemente contrapposti esistono solo nelle intenzioni di chi le considera. La complementarità degli opposti genera l’equilibrio dinamico su cui si fonda l’universo ed è questo concetto che esprimo sempre nelle mie storie attraverso i miei personaggi. È rarissimo che nelle mie storie, per quanto possa accadere, sia presente qualcuno totalmente buono o totalmente malvagio, perché tutti hanno motivazioni che li spingono ad agire in un modo piuttosto che in un altro. Io mi sforzo sempre di attirare l’attenzione di chi legge su queste motivazioni, magari determinate da condizioni momentanee, che spingono un personaggio ad agire, evitando di considerare implicazioni morali che possono essere facilmente travisate dal momento che sono comunque il frutto di elaborazioni tanto soggettive quanto opinabili.


9° domanda. Hai nuovi progetti a cui stai lavorando?

Si, eccome! Al momento sono impegnato nella stesura de “La Principessa di Tir Na Nog”, un romance storico che si svolge in Louisiana poco prima dello scoppio della Guerra di Secessione, che è il seguito de “Il Principe Segreto”. Inoltre sto elaborando un nuovo racconto della Saga dell’Asgard Felag che connetterà definitivamente quella linea narrativa al resto dell’universo letterario che sto elaborando, svelando alcuni retroscena storici e persino dei segreti. Sto lavorando anche ad una serie di altri romanzi, sia storici che contemporanei, che definiranno il background di alcuni dei personaggi già visti nei romanzi che ho pubblicato finora.


10° domanda. Quanto contano per te amici e lettori?

Molti degli amici che mi sono più vicini hanno cominciato come lettori e da lì in poi la conoscenza reciproca si è approfondita e sviluppata diventando qualcosa di più. Il pubblico dei lettori in generale è di fondamentale importanza per me ed amo avere con loro un dialogo costante, perché i loro apprezzamenti, ma soprattutto le critiche a quello che faccio, sono preziosi per migliorarmi che è il mio scopo fondamentale.


11° domanda. So che parli benissimo inglese, anche se vivi qui in Italia, come mai la scelta di scrivere in entrambe le lingue? Il mercato americano non è più conveniente? 

Io sono bilingue italiano/inglese ma sono abituato sin da bambino a parlare anche altre lingue ( con mia madre per esempio ho sempre parlato molto in francese ed in determinate circostanze persino in latino ) dunque la scelta di pubblicare in entrambe le lingue che conosco meglio è stata una conseguenza naturale di quello che sono. In questo momento per una serie di scelte sbagliate ( nessuno è immune all’errore… ) e circostanze avverse sono bloccato in Italia ma non sarà così per sempre perché voglio tornare in America e restarci. Per quanto riguardo la tua domanda sul mercato statunitense la risposta non è semplice. Negli Stati Uniti la competizione è immensa e feroce: affacciarsi su quel mercato è come entrare in un mare colmo di squali ( e posso testimoniare per esperienza personale che quelli con le pinne sono molto meno pericolosi e competitivi! ) in cui emergere è estremamente difficile ma vale comunque la pena di impegnarsi perché è un paese dalle possibilità di sviluppo virtualmente infinite per chi ha voglia d’impegnarsi e rendersi davvero competitivo, il che non significa semplicemente conoscerne la lingua.


12° domanda. Hai un sogno rimasto nel cassetto che ti piacerebbe realizzare?

Oh si eccome! Più di uno se è per questo ma al momento quello che più mi preme realizzare è riuscire ad affermarmi abbastanza con il mio lavoro per svincolarmi dalla situazione in cui mi trovo al momento e tornarmene negli Stati Uniti per vivere la vita che voglio e di cui ho bisogno.


13° domanda. Cosa speri per il futuro?

Molte cose e non ho alcun imbarazzo a dire apertamente che sono estremamente ambizioso: ho sempre studiato e lavorato duramente e, per quanto la vita abbia i suoi alti e bassi, io non perdo mai di vista i miei obbiettivi fondamentali. Prima di tutto lavorare come sceneggiatore grazie al mio impegno di autore, magari su riduzioni ed adattamenti delle storie che sto pubblicando, e poi riprendere i miei progetti relativi alla moda ed alla musica che in questo momento ho dovuto mettere in “modalità provvisoria”.

Ringrazio Gabriel per l'intervista e per averci regalato questa piccola curiosità e a voi amici non posso che consigliarvi  se avete seguito le tappe del blogtour la lettura di questo bellissimo libro.
Alla prossima la vostra Mary!

Curiosità

L’idea iniziale per questo romanzo mi è venuta in una sera buia di pioggia quasi due anni fa: ero seduto nella penombra da solo quando all’improvviso nella mi amente è fiorita l’immagine di un giovane uomo seduto su di un’ampia poltrona in un salotto arredato a metà fra stile Tudor e vittoriano.
Era come se lo guardassi dall’esterno: in quell’immagine era tardo pomeriggio, potevo sentire l’odore della polvere ed un’atmosfera di rimpianto e tristezza avvolgeva tutto, finché una figura ha iniziato a manifestarsi dietro di lui fra le ombre e l’ho visto sorridere…da quest’immagine è iniziato tutto.
Le vicende storiche narrate nel libro sono tutte autentiche ed ho fatto un meticoloso lavoro di ricerca consultando giornali d'epoca, rapporti militari, cronache, oltre ad una grande varietà di dipinti, stampe e fotografie per rendere più fedeli possibile le descrizioni dei personaggi storici e degli ambienti dove si svolgono le vicende che sono reali e che mi sono sforzato di ricostruire per renderne l’atmosfera antica.



1 commento:

  1. Un romanzo davvero splendido dove l'amore trova la sua forma più alta.

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