martedì 18 settembre 2018

Segnalazione "Obscura 15 racconti dall'Africa nera di Lory Cocconcelly

Buon martedì readers, oggi vi segnalo questa raccolta di racconti dall'Africa dal titolo "Obscura" di Lory Cocconcelli.

Titolo: Obscura – 15 racconti dall’Africa nera
Autrice: Lory Cocconcelli
Genere: Racconti, miti, saghe e leggende
Casa Editrice: Self Publishing
Pagine: 146
Prezzo: 1,50 euro ebook kindle/ 4,99 euro versione cartacea
Data di Uscita: 24 ottobre 2017


Sinossi
OBSCURA è una raccolta di 15 racconti ambientati nell’Africa nera. 
Un’Africa remota, quella dei villaggi isolati, in cui streghe e stregoni operano sortilegi e malefici attraverso leggi fisiche e regole sconosciute all’uomo comune. Una terra compenetrata di magia, nella quale risuona l’eco del mistero, della morte e dell’aleatorietà, in cui lo spazio e il tempo sono confini dimensionali relativi
In questi racconti, che traggono ispirazione dalle antiche leggende africane, fanno capolino personaggi inquietanti ed entità ultraterrene, come féticheur, marabout, streghe e stregoni e djinn. L’atmosfera è cupa, densa, surreale, caratterizzata da scenari grotteschi.
L’ambientazione - fedele alle testimonianze che ho raccolto, vivendo di fatto vari mesi l’anno nel continente nero - tocca vari paesi dell’area occidentale, per lo più Burkina Faso, Costa d’Avorio e Benin. I nomi dei personaggi sono frutto della mia fantasia, come pure i momenti storici in cui si contestualizzano gli eventi per i quali ho cercato di elaborare scenari coerenti e verosimili.

In ogni racconto si trova la testimonianza di un universo impregnato di mistero, di un ordine delle cose sovvertito o ristabilito, del senso dell’ineluttabilità della vita e, infine, di una morale che si traduce in sostanza nell’antica saggezza africana. 

La scelta di pubblicarne 15 non è stata casuale. Benché ne avessi a disposizione molti di più, ho optato per un numero che avesse una valenza simbolica. Il 15 nella carta dei Tarocchi è il simbolo dell’astuzia, della frode e della strega, mentre per le civiltà matriarcali antiche rappresentava la luna (simbolo della notte) e la donna (personaggio che nel contesto magico-stregonico fa la parte del leone).
ESTRATTO – Il piccolo milionario

Ruben si accomodò sulla stuoia logora al centro della capanna, una minuscola casupola di fango circondata da banani e palme di cocco.

Intorno a lui, fetore e sporcizia. Il vapore di una pozione che ribolliva in un angolo si diffondeva in un’aureola di fili esalando un tanfo di marcio, ma l’odore più fastidioso scaturiva da ciò che languiva sul pavimento, mazzetti di erbe essiccate, mucchietti di ossa, zampette recise, ali e teschi di vari animali.
Nella semioscurità della capanna, seguendo le istruzioni del féticheur, il ragazzo impugnò con la mano destra l’ala mozzata del rapace che giaceva sulla stuoia e gli illustrò la ragione che lo aveva indotto alla consultazione.
Dopo averlo ascoltato, lo stregone zoppicò fino al calderone, poi ritornò dinnanzi a lui con una calebasse colma di un infuso che gli porse da bere.
Molto presto ciò che avrebbe annusato sarebbe stato l’odore dei soldi, nient’altro che quello, pensò il ragazzo nauseato dagli effluvi fetidi della brodaglia che teneva tra le mani.
L’infuso aveva lo scopo di fortificare la sua anima in modo che non avrebbe avuto remore nell’affrontare il sacrificio che il feticcio gli avrebbe richiesto, né rimorsi nel tempo a venire. Ma nel cuore di quel giovane albergava una durezza che il féticheur aveva scorto in pochi uomini. Probabilmente, arguì il vecchio, anche senza ingurgitare la pozione, esitazioni e pentimenti non lo avrebbero mai tormentato.
Lo stregone si sedette e diede inizio alla celebrazione del rito magico. Chiuse gli occhi, entrò in connessione con il suo feticcio e bisbigliò una lunga sequela di strane parole. Quando li riaprì, impugnò un coltello che teneva accanto a sé, chiese a Ruben di posare a terra la ciotola e gli ordinò di porgergli il braccio destro.
La ciotola era vuota. Nel corso della sua lunga carriera, constatò il féticheur, quel ragazzo era stato l’unico a riuscire a bere quel marciume fino all’ultima goccia senza battere ciglio. L’unico che aveva sorriso quando il coltello gli aveva lacerato la carne. E quando il suo sangue aveva inondato il feticcio, invece di portarsi istintivamente la mano alla ferita, aveva stretto il bicipite affinché l’avambraccio sanguinasse ancor di più. Impassibile e determinato, Ruben non si era scomposto nemmeno quando la statuetta, nel bere il suo sangue, aveva preso a vibrare, conscio che quel pezzo di legno sporco e appiccicaticcio, scolpito grossolanamente con le fattezze di un omuncolo, fosse un portento dotato di volontà e vita propria.
Il rito si avviava a compimento. Pur senza comprenderle, il ragazzo ascoltò le ultime parole che il féticheur indirizzò al feticcio e osservò con interesse l’uomo che stava per deviare il corso del suo destino. Un vecchio dal corpo secco e inaridito, incurvato dall’età, e uno sguardo volitivo e risoluto che trasudava potere.
Rispettando il lungo silenzio che seguì, Ruben attese paziente fino a che lo stregone si decise a parlare.
«Per realizzare la tua brama di ricchezza, il feticcio esige la vita di un tuo famigliare. Inoltre dovrai presentarti al suo cospetto ogni anno, in un giorno prestabilito che ti farò sapere, per rinnovare la tua gratitudine nei suoi confronti. Ogni volta porterai in sacrificio un bue dal manto nero.»
Il giovane non batté ciglio, e dopo che ebbe assicurato che avrebbe onorato il patto, il rito fu perfezionato.
La sorella alla quale Ruben era più affezionato morì in capo a una settimana. Fu trovata un mattino nel suo letto, il corpo ridotto a una poltiglia di carne e sangue e la testa mozzata.
Nel corso della notte che era preceduta, lo spirito del feticcio aveva preso la sua vita.



Nessun commento:

Posta un commento